Abel Wakaam
Thunderstorm III
1° Thunderstorm III, l'epilogo inaspettato

Questo romanzo è il seguito di Thunderstorm II



Quando quel pomeriggio lasciai Greta in compagnia di Filippo, ero sicuro che non l'avrei mai più né vista né sentita. Quel suo modo di annuire silenziosamente, quasi a volermi invitare ad andarmene come se ormai la mia presenza fosse superflua, era la riprova che le storie cominciano e finiscono per lo stesso motivo. Forse non terminano neppure, si consumano, ed allora è meglio che accada quando ancora non ci si odia, così da lasciare spazio ai ricordi e non alle inutili discussioni che ne conseguono. Cancellai persino il suo numero di telefono tanto ero convinto che avesse trovato l'amante giusto che la potesse soddisfare in ogni momento.

Di lui ricordo ancora la sua eleganza e la classe con cui si era lasciato scivolare i pantaloni lungo le gambe. I suoi slip bianchi che facevano capolino sotto il candore immacolato della camicia e, soprattutto, quel maledetto attrezzo tra le gambe che sembrava un'opera di Eleuteri Serpieri. A volte mi chiedo perché certi uomini sono talmente perfetti da poter esaudire istantaneamente tutti i sogni di una donna. Filippo lo era, ed allora perché viveva sulle pagine di quel sito di annunci, invece di cercare una compagna tutta per sé? Certo, in qualche modo lo aveva anche spiegato, lui amava fare sesso con le mogli degli altri, specialmente se i mariti o i compagni erano presenti e consenzienti.

Se non ci fossero i tipi come lui, cosa farebbero i poveri cuckold sempre alla ricerca di un toro a cui concedere le grazie della propria giumenta? A questo punto avrei dovuto sentirmi tale, ma Greta non era affatto mia moglie e neppure era stata la mia amante. Una compagna di giochi forse, oppure una delle tante conoscenze a cui attingo per ispirare le mie trame.

Mentre mi perdevo in queste complicate analisi mentali, ricevetti un messaggio e, dal tipo di notifica, lo classificai come indesiderato. Scoprii dopo alcune ore di cosa si trattasse realmente ed anche perché il suono mi avesse potuto ingannare così subdolamente. Il contatto di Greta non era più nel mia rubrica e quindi veniva considerata dalla logica del mio smartphone al pari di uno dei tanti cialtroni che cercano di affibbiarmi un contratto commerciale.

Quando me ne accorsi, ripristinai il suo nome tra i preferiti e analizzai con attenzione il contenuto delle sue frasi. - Lo so che sono passate tre settimane, - aveva scritto - ed immagino anche che tu sia in qualche modo arrabbiato con me.

Come premessa riusciva soltanto a farmi innervosire ancora di più, e fui tentato di spostarla direttamente nel cestino. Invece, mosso da una sorta di curiosità masochistica, andai avanti.- Lo stesso potrei pensare io di te, considerato che non ti sei più fatto sentire!

Ah sì, è su questo piano che voleva portare la discussione. Forse si era dimenticata che, mentre le dicevo che sarei partito, stava godendo come un'ossessa mentre quel bel pezzo di maschio ruspante la scopava allegramente nel culo con quello che lei aveva definito, e forse anche io se non ricordo male, il "più bel cazzo mai visto sulla faccia della terra"

- Probabilmente non ti importa più nulla di me, - continuava il messaggio - ma volevo dirti che mi manchi. - Fine delle trasmissioni.

- Già, le mancavo... e questo mi pareva un modo gentile per dirmi che forse quel gigolò travestito da critico d'arte si era stufato di navigare allegramente dentro il suo intestino e adesso aveva di nuovo bisogno di me al fine di scovare un degno sostituto. Prima di risponderle, chiamai Martino, il cameriere del bar, e appena rispose con la sua vocina impacciata, gli domandai se avesse più visto Greta.

La sua risposta non mi stupì affatto: - L'abbiamo incontrata qualche giorno fa, - disse, e già il plurale mi urtava i nervi - da quel giorno in cui siete venuti insieme, non ha mai smesso di frequentare il bar da sola.

- Ed è stato un incontro proficuo? - lo incalzai.

- Uhm... - tergiversò - cosa vuoi sapere esattamente?

- Voglio sapere se vi siete visti nel tuo appartamento, - tagliai corto - ed anche se avete fatto sesso come l'altra volta.

Martino non rispose, ma mi assicurò che mi avrebbe richiamato appena possibile perché c'era molta gente da servire a avrebbe preferito parlarmi con più calma. Quando lo fece, era ormai pomeriggio inoltrato: - Eccomi, - esordì, con la sua solita timidezza - ora possiamo parlare in tutta tranquillità.

- Ti devo ripetere la domanda?

- Non è necessario, - finse un colpo di tosse per prendere tempo - ma non saprei da dove cominciare.

- Non mi serve un resoconto nei minimi dettagli, mi basta un breve riassunto che abbia un senso compiuto.

- E' stata nel mio appartamento qualche giorno dopo che sei partito, - mi raccontò - ma eravamo presenti soltanto io e Michele.

- E' uno dei ragazzi che c'erano la scorsa volta?

- No, - si affrettò a spiegarmi - si tratta di un mio amico fidato, l'unico che sono riuscito a reperire con così poco preavviso. In pratica la signora mi ha contattato poco dopo mezzogiorno, dicendomi che sarebbe stata libera verso le due per un paio d'ore.

- Interessante, - commentai - devo costatare che finalmente ha preso coraggio. E come è andata?

- Che dire, - balbettò - lo sai com'è fatta.

- Lo so com'è fatta, ma vorrei che mi spiegassi cosa è successo in quella dannata stanza.

- Appena entrata, - si schiarì la voce - è stato subito chiaro quanto fosse desiderosa di fare sesso. In pratica si è sollevata la gonna e mi si è strusciata addosso sulla soglia di casa. Credo che avesse anche un po' bevuto perché il suo alito lasciava percepire un forte sapore di vino. Oltretutto ha lasciato la bottiglia in ascensore ed è successo un casino. Vabbè, questo comunque si è risolto.

- Quindi l'avete scopata? - lo incalzai.

- Beh, - rispose con un certo orgoglio - è venuta lì per quello.

- Come? - insistetti.

- E' un po' imbarazzante come domanda.

- Non serve che mi parli delle tue prestazioni da superman, - provai a buttarla sull'ironia - voglio solo capire se è andata come l'altra volta.

- In effetti sì, - ammise - e la presenza di Michele è stata sicuramente d'aiuto perché è quello che ha più esperienza del gruppo.

- Intendi quello che ha visto più video porno?

- Se posso permettermi, - schiarì di nuovo la voce - è sempre stato il più porco della compagnia e non si è fatto scrupoli a sbattersela a proprio piacimento.

- E tu sei rimasto a guardare?

- A me piace il sesso orale, - confessò - sono più a mio agio quando non devo far qualcosa che mi mette ansia da prestazioni.

- Scusa, - lo ripresi - l'altra volta non te l'eri scopata?

- Certo, - ammise - ma l'altra volta c'era la fila dietro la sua schiena e nessuno mi ha messo pressione per farlo.

- Invece Michele ti ha messo in agitazione?

- Lui è esperto e poi s'è fatto di viagra, - ridacchiò al telefono - aveva un cazzo duro da far paura e quindi non s'è posto il problema.

- Quindi stavolta se l'è scopata soltanto lui... è questo che mi stai dicendo?

- Anch'io, - precisò - ma soltanto alla fine quando sia la signora che Michele erano già venuti diverse volte.

- Cosa ti ha dato il coraggio? - provai ad indagare oltre.

Martino si perse in un lungo silenzio, poi mi spiegò tutto d'un fiato l'evolversi degli eventi: - Ero già venuto nella sua bocca, - fece una premessa - e credevo di essere ormai soddisfatto. Poi, quando il mio amico ha finito di scoparla da dietro, ho visto la scia bianca del suo sperma che le colava tra le natiche. Non so come spiegarti, ma questa immagine mi ha risvegliato i sensi... e non solo quelli.

- E allora quale colpo di genio ti è saltato in mente?

- L'ho scopata un po' nella figa, - esclamò, come se avesse perso immediatamente la sua proverbiale imbranataggine - e dopo, siccome mi sembrava che non provasse molto piacere perché era appena venuta, gliel'ho spinto tra le natiche.

- E' cambiato qualcosa nel suo atteggiamento?

- Sì è voltata a guardarmi e mi ha fatto una smorfia. Non so se abbia goduto di nuovo perché Michele le ha subito riempito la bocca ed io, preso dalla situazione, non sono resistito molto.

- E quando se n'è andata ti ha detto qualcosa?

- Niente, neppure una parola. Si è ripulita in bagno, ci ha sorriso e poi le è suonato il telefono perché era in ritardo.

- Quindi è rimasta più di due ore?

- Lo sai che non è il tipo che si accontenta e poi... insomma, una cosa tira l'altra. Michele è venuto cinque volte.

- Beata gioventù! - commentai, prima di salutarlo, ma una volta riattaccato il telefono fui preso dalla tentazione di chiamare Filippo con una scusa. Se Greta si era rivolta a Martino, la spiegazione poteva soltanto essere legata ad un suo rifiuto.

Mi rispose subito, probabilmente dopo aver riconosciuto il mio numero. Si dimostrò felice di sentirmi e mi domandò immediatamente se avessi qualche altra situazione da proporgli. Giusto per non chiedergli subito della nostra comune amica, gli domandai se potevo sempre contare sulle sue prestazioni e si dimostrò interessato a qualsiasi proposta. Solo alla fine gli buttai lì la provocazione che mi stava tanto a cuore.
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