Abel Wakaam
La Schiava
1° La schiava, una storia oltre il limite del desiderio
In quel caldo pomeriggio di luglio, Marta non poteva immaginare quanto sarebbe cambiata la sua vita. Scese dal taxi avvolta nel suo candido abito di seta, ripose con calma il telefono cellulare nella borsa e ne trasse il portafoglio griffato. Un cenno con la mano per lasciare il resto all'autista, un sorriso compiaciuto per ricambiare il suo arrivederci, e poi di corsa sotto ai portici, puntuale come sempre, precisa nella vita come nel lavoro.

A quel tempo aveva trentacinque anni, un figlio di otto ed un marito impegnato in politica, sempre troppo lontano nel quotidiano della vita, ma abbastanza vicino da non farle mancare rispetto, amicizia e amore. Lo conosceva sin dai primi anni della scuola e sapeva che lo avrebbe sposato ancor prima di crescere e diventare donna, Marco gliel'aveva promesso se lo avesse raggiunto sul ramo più alto del ciliegio e lei, testarda e indomabile, si era tolta la gonna ed i sandali rossi per dimostrargli che poteva vincere la sfida.

Un attico nel centro di Milano ed una casa al mare, in Liguria, un regalo dei suoceri che stravedevano per lei come fosse davvero una figlia, eppure la sua agiata esistenza nascondeva un segreto. - Nulla di grave, per carità, - soleva ripetere alla sua più cara amica - ma vorrei capire veramente se sono io ad essere sazia o è l'abitudine che toglie il gusto alla passione.

- Dovresti sperimentarlo con qualcun altro! - sorrideva Ester, mimando in modo volutamente volgare il gesto di far l'amore, e ridevano di gusto su un peccato che entrambe non avrebbero mai voluto commettere. A volte ci pensava, cercava di analizzare i momenti in cui aveva realmente provato cosa fosse il piacere, tempi lontani sullo scomodo sedile della spider, con la paura di essere sorpresi in quel parcheggio buio, dietro il cimitero.

Eppure quel pizzicore le mancava, aveva provato a confidarsi col marito ed un po' si era anche sentita stupida quando lui l'aveva schernita. - Non siamo più ragazzini, - ripeteva - certe follie non possiamo più nemmeno permettercele... pensa se ci sorprendesse qualche giornalista a caccia di scoop e vendesse il servizio ai nostri più infidi concorrenti politici.

Marco parlava sempre al plurale, prendeva ogni decisione nell'istante stesso in cui gli veniva richiesta. Questo a Marta era sempre piaciuto, amava gli uomini dal carattere forte, così come ricordava quello del padre. Ora però avrebbe voluto dare una fiammata a quella brace piena di sentimento ma povera di emozioni, avrebbe voluto coinvolgerlo in una serata fuori dagli schemi, una fuga da soli nella notte, un brivido che attendeva ormai da troppo tempo.

Aveva persino pensato che fosse colpa della maternità, e certo qualche responsabilità si sentiva di addossarsela, troppo tempo dedicato a quel cucciolo d'uomo che l'aveva strappata dai medesimi pensieri che ora non le davano pace. Ancora stava pensando a quale alchimia sarebbe dovuta ricorrere pur di dare uno scossone alla propria esistenza, quando, uscendo dall'ascensore, percepì l'aroma forte di un dopobarba maschile.

Lo seguì fin davanti alla porta di cristallo, la stessa in cui sarebbe dovuta entrare, picchiò con le nocche sullo stipite cromato... e la voce dall'altra parte non si fece attendere che una manciata di secondi. - Questa è l'intervista più importante della mia carriera! - pensò, superando la soglia dello studio privato di Adrian Kuy, top manager e guru della new economy, un uomo che aveva divorato in tre anni tutti i traguardi possibili ed immaginabili.

Si raccontava di lui ogni sorta di intrigo, alleanze annunciate e poi mandate in fumo all'ultimo momento, amori improbabili, relazioni pericolose, matrimoni distrutti per la follia di una notte, una mania sviscerata per il rischio e una voglia impellente di accaparrarsi anche l'inferno. L'accolse senza neppure alzare lo sguardo dalla scrivania, la invitò ad accomodarsi sulla poltrona di pelle bianca davanti alla vetrata, e le fece cenno con la mano tesa di attendere qualche secondo affinché finisse di consultare l'agenda elettronica.

L'espressione di Kuy mutò all'improvviso quando inquadrò Marta in controluce, seguì con lo sguardo il profilo elegante delle sue gambe abbronzate, poi lo alzò lentamente indugiando nella scollatura, prima di sfoderare quel sorriso da marpione con cui era solito apparire sulle copertine delle riviste specializzate.

Lei sapeva di essere una bella donna, lo aveva imparato interpretando gli sguardi della gente, aveva usato la sua femminilità per farsi strada nei meandri del giornalismo in rete, ma aveva sempre rifiutato qualsiasi compromesso, e questo era forse il limite che ne aveva condizionato l'ascesa.

Quel pomeriggio scivolò via come tanti altri, inghiottito da domande e risposte accuratamente selezionate a tavolino, il nastro del registratore seguiva docilmente il ritmo incalzante dell'intervista... ancora qualche minuto e si sarebbe riavvolto da solo. C'era una domanda, una sola, che poteva cambiare le sorti di quel servizio prima che il fotografo arrivasse per scattare qualche inquadratura, Marta l'aveva tenuta per ultima perché era un azzardo e non voleva rischiare l'intero lavoro.

- ...si parla di lei come un predatore, - esclamò, guardandolo dritto negli occhi - si vocifera che la sua fortuna sia dovuta in gran parte al benevolo impatto che ha sul pubblico femminile... ma cosa cerca davvero in una donna?

Kuy non rispose, la sua espressione non lasciò trasparire nessuna curiosità, nessuna emozione, costringendo Marta a riprendere la parola. - Qualcosa non va, mister Kuy? - insistette, - ho forse toccato un tasto troppo privato?

- No di certo, - rispose, sorridendo appena il nastro prese a girare vorticosamente a ritroso - stavo solo aspettando che il suo registratore arrivasse alla fine. Non ha dosato bene i tempi, si è bruciata il finale più succulento che avrebbe mai potuto avere!-.

- Se ha atteso tanto per confidarmelo, - reagì lei - può darsi che sia troppo appetitoso per essere registrato... la mia domanda però è ancora valida.

- Mi piacciono le donne a cui piacciono le donne, - disse Adrian Kuy, alzandosi in piedi - ma se vuole conoscere il resto della storia, dovrà accettare anche il mio invito a cena.

L'invito a cena non era previsto, il pensiero di Marta corse subito al figlio abbandonato in piscina, provò a posporre l'appuntamento per il giorno successivo, ma comprese immediatamente che si trattava di una proposta impossibile da rifiutare. Il tempo di una telefonata, una sola, e per fortuna Ester si rese subito disponibile per ogni bisogno. La riempì di mille raccomandazioni, il riso non troppo cotto, i denti da passare con lo spazzolino di durezza intermedia, la preghiera prima di andare a letto... lei sarebbe tornata, sarebbe arrivata appena possibile.

- Stai tranquilla, - la rassicurò l'amica - continua questa benedetta intervista prendendoti tutto il tempo che ti serve, il bambino lo tengo io a dormire, e lo verrai a riprendere con calma domattina.

- Sei un angelo, - balbettò, abbassando la voce per non farsi sentire - questa è l'occasione della mia vita, a nessuno è mai stato concesso di indagare nelle abitudini intime di Kuy, non posso credere che sia capitato a me.

- Stagli lontano e appena oltrepassa la distanza minima di sicurezza rovesciagli addosso quello che ti capitata a portata di mano... quell'uomo è peggio di un serpente velenoso e devi stare alla larga del suo morso.
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