Abel Wakaam
Suspect
1° Suspect, il gioco degli inganni.
Sara era la metà del cielo, Sara era mia moglie, la mia amante, la madre dei miei figli... Sara era la mia compagna di giochi, Sara era la mia gatta sensuale, la mia musa, la mia tentatrice... Sara era la mia anima dannata... la causa della mia disperazione ed anche il rimedio... Sara era l'acqua... Sara era il fuoco ed io solo un cacciatore di frodo che riempiva di brace la nostra vita. Vent'anni insieme erano serviti a cementare il nostro rapporto, avevano calmato le acque burrascose dell'inizio ma anche placato l'onda lunga di marea che sospinge la passione. E' difficile accettare che un veliero varato per circumnavigare il mondo giaccia alla fonda in una baia di fronte al porto, eppure la quiete tanto cercata stava soffocando definitivamente il ricordo delle tempeste superate insieme.

- Ho trentanove anni... - sussurrò in quell'afoso mattino maltese - l'anno prossimo entrerò nei famosi "anta" e la vita diventerà come la foce di un fiume che si libera della corrente prima di raggiungere il mare.

Pessimista lo era sempre stata, forse per bilanciare la mia innata spensieratezza, oppure perché le difficoltà imprenditoriali della società che dirigeva l'avevano drasticamente segnata fin nella tranquillità familiare. 

- A settembre lascerò l'incarico, - aggiunse - sono stufa di lottare contro i soci di maggioranza che vogliono succhiare i profitti senza mai concedere i fondi per un solo investimento... ieri ho spedito per e-mail le mie dimissioni e non ritornerò sulla mia decisione per niente al mondo.

Era sicura che non le avrebbero accettate, non era la prima volta che arrivava ad usare le maniere forti per ottenere maggior liquidità per l'azienda, invece la sera stessa arrivò una strana telefonata che la portò a camminare fino a tarda notte sulla spiaggia col cellulare appoggiato all'orecchio. Quando risalì in barca non disse una parola, si distese accanto a me nella cuccetta e restò immobile a guardare la luce pallida della luna che si rifrangeva sulla cresta dei flutti che correvano verso la riva.

Il mattino seguente la chiamai per la colazione, il bianco del burro sul pane contrastava col rosso scuro della marmellata di mirtilli ed il profumo del caffè inondava la dinette col suo aroma stuzzicante. Sara apparve all'improvviso, mi sorrise e, con un gesto inconsulto, gettò il cellulare dall'oblò: - Sono libera, - sussurrò - finalmente libera, assolutamente libera... e sinceramente credo di essermi tolta un peso!

Sembrava un'altra donna, rilassata, paziente... mordicchiava il pane imburrato come se fosse cibo per gli dei e finalmente si gustava il mare ed il cielo maltese senza l'assillo di quel maledetto telefono che non smetteva mai di squillare. Temevo che fosse solo un attimo di quiete, io che nell'occhio del ciclone l'avevo più volte condotta per mostrarle che l'uomo può vincere contro la forza degli elementi se li affronta col dovuto rispetto, invece riuscì davvero a staccare quel maledetto cordone ombelicale che la legava all'azienda, concedendomi per la prima volta un sorriso.

I giorni successivi furono i migliori della nostra vita, niente sembrava scalfire la nostra vacanza da zingari del mare fino a quella strana sera che ci vide entrare insieme in un locale di Gozo per uscirne alle prime luci dell'alba completamente ubriachi. Restammo sdraiati sulla spiaggia a ridere di noi senza riuscire a smettere, e tutto ci apparve così allegro, spensierato, finché se ne uscì con quella confidenza bislacca. - Mentre ballavo con quel gruppo di turisti olandesi, - raccontò tra i singhiozzi e le risa - una di loro, si... quella biondina, mi è venuta vicino e mi ha palpeggiato il sedere, poi ha chiamato il marito e mi ha sussurrato all'orecchio frasi indicibili.

- Ed io dov'ero nel frattempo che non mi sono accorto di nulla?

- Stavi facendo l'imitazione del deltaplano sul tavolo degli svizzeri, - sghignazzò a crepapelle - poi sei caduto tra le braccia di quella grassona col vestito a fiori ed hai gridato che era il tuo primo atterraggio di fortuna.

- Cosa ti ha detto quel bell'uomo olandese? Voleva che gli insegnassi a volare come tuo marito?

- No, - smise un attimo di ridere per poi riprendere peggio di prima - voleva che lo seguissi in camera e scopassi con lui e sua moglie.

- Stai scherzando?

- Sono ubriaca, lo ammetto, ma la memoria funziona ancora... mi si è appoggiato con l'inguine contro le natiche e mi ha fatto sentire quanto ce l'avesse duro.

- E tu perché non mi hai chiamato?

- Ti ho chiamato, ma eri infilato con la testa nelle tette della Svizzera e facevi le bolle con la bocca!

- Accidenti... un maledetto frocio olandese palpeggia mia moglie ed io che faccio... perdo quota sulle alpi ticinesi!

- Non era un frocio, - riprese a sghignazzare - aveva un bell'affare tra le gambe... niente male.

- E questo come lo sai?

- L'ho seguito... - si fece di colpo seria - ma non fino in camera, ci siamo fermati appena fuori dal locale, lungo il muro che costeggia il porticciolo. La sua donna, Alexa, mi ha abbracciata da dietro le spalle e lui si è seduto sul muretto a guardare. Mi ha toccata qua e là... in modo convulso...

- Che significa qua e là, - la interruppi, cercando di mettere ordine nel suo racconto - che ti è venuto in mente di lasciare il locale?

- Ero ubriaca maledizione, - sbottò - molto più di adesso ma esattamente come lo eri tu dopo il settimo Martini. Lo so... ho fatto una cazzata ma ero curiosa di capire cos'avessero in mente, ero... sorpresa dalla loro proposta.

- Vuoi dire... eccitata?

- Si, - ammise - anche molto eccitata, ed il desiderio è cresciuto ancora di più quando Alexa mi ha stretta a sé in quel modo. Sentivo il suo seno sulla mia schiena nuda, le mani non stavano ferme un solo istante ed intanto continuava a parlarmi, chiedendomi ripetutamente di seguirli in barca.

- E l'uomo?

- All'inizio ha guardato e basta, poi si è slacciato i calzoni e si è messo a masturbarsi davanti a me.
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