Abel Wakaam
Il Sabba
1° Il Sabba, notte di fuochi sul lago delle streghe.
"Verrà la notte a portarti via e tu non potrai far altro che seguirla". Sorrisi... leggendo quella frase tracciata col rosso vermiglio sulla parete affumicata della galleria. Il vecchio treno saliva sbuffando lungo il costone roccioso che s'insinuava tra le gole dimenticate dal tempo, mentre una pace irreale sembrava accogliermi nel torpore di quel silenzio, spezzato soltanto dallo stridere delle ruote sui binari arrugginiti

Non ci sono parole per descrivere la quiete, non ci sono pensieri abbastanza profondi per dipingere la sensazione che ci prende quando intorno a noi il mondo si ferma e si lascia condurre lentamente verso l'oblio.

Avevo bisogno di spazi immensi dove lo sguardo potesse perdersi senza timore d'incontrare il passato da cui stavo fuggendo, o forse non mi sarebbe bastata una vita per dimenticare quel dolore intenso che avvertivo dentro al petto ogni volta che pensavo a lei.

Presi dal seggiolino di fronte la valigia di pelle scura e rovistai nella tasca anteriore alla ricerca dell'opuscolo spedito per posta dalla "Casa di Lilith". Strano nome per una locanda, ma ricordo di averla scelta proprio per quella sua aria decadente, così diversa dalle altre baite di montagna con i vasi fioriti, attaccati in lunghe file sui balconi intarsiati nel legno d'abete.

Dal corridoio della carrozza arrivò un aroma forte di tabacco da pipa, mi alzai incuriosito e fingendo di far due passi, mi affacciai nell'altro scompartimento. Seduto composto, nella sobrietà del suo completo scuro, ritrovai l'anziano professore che già avevo notato alla stazione, gli feci un cenno di saluto a cui rispose con l'invito di sedermi accanto a lui. 

- Non si preoccupi della sua valigia, - si affrettò a rassicurarmi - i passeggeri di questo treno non assomigliano certo a quelli che viaggiano sulle grandi tratte internazionali, ci conosciamo tutti per nome... stiamo invecchiando insieme. A volte mi chiedo cosa accadrà su al paese, quando la nostra leva si sarà trasferita nella terra di nessuno.

- Non si può vivere per sempre, - risposi - ma credo che tutti faremmo volentieri un dispetto a chi ha scritto quel messaggio sulla parte della galleria.

Mi raccontò la storia della valle con l'enfasi di chi ne conosceva ogni segreto, prigioniera tra le cime innevate d'inverno e magica nella dolcezza dell'estate. In primavera e autunno... una tavolozza di colori, spalmati sui fianchi dei monti che la proteggevano nel loro paterno abbraccio.

Io lo ascoltavo incantato. Non avevo mai incontrato nessuno che sapesse usare le parole come lui, le dosava come fossero note cristalline che innalzava nell'aria e poi posava dolcemente dentro i miei pensieri, accompagnandole con la gestualità tipica di chi sa insegnare alla gente.

In ogni racconto esordiva con la stessa frase. - Lungo il fiume... - diceva, poi s'inoltrava dentro una favola che subito si disegnava davanti ai miei occhi stupiti. Con quel suo intercalare riuscì a farmi comprendere quanto la popolazione della valle ed il torrente fossero legati in perfetta simbiosi, come se l'acqua cristallina portasse fin nelle case i sogni puri come la neve del ghiacciaio, per poi ripartire nel suo lungo il viaggio verso il mare portandosi via i peccati di cui si era macchiata.

Lo compresi all'improvviso quando il treno uscì dall'ultima galleria, ma non furono i discorsi dell'anziano professore ad aprire la mia mente affamata di avventura, bensì l'immagine nitida dell'intera vallata nel suo insieme, col verde intenso dei campi ricamati dai tetti d'ardesia che s'inchinavano uno dopo l'altro al passaggio del fiume. 

- Questo è il paradiso!- sussurrai, affacciandomi al finestrino.

..ma anche l'inferno, - aggiunse lui, facendosi serio - dipende solo da che parte lo si guarda.

Conoscevo bene l'inferno per esserci appena passato, un dolore che ti stringe dentro quando perdi qualcuno che ami e non riesci a colmare il vuoto che ha lasciato dentro la tua vita, come se l'intera esistenza non avesse più ragione di esistere. Eppure si sopravvive, è l'istinto che vince sulla ragione e costringe i nostri occhi a rivedere i colori. Fu il fischio del treno a distogliermi dai miei pensieri, e la luce del sole m'investì all'improvviso mentre la voce roca del professore mi diede il benvenuto nella Valle dell'Orco. Restai aggrappato al finestrino finché il fischio della locomotiva si confuse con lo stridere delle ruote sui binari, poi un ultimo sbuffo riempì l'aria di vapore e di colpo compresi che ero arrivato alla fine del mio viaggio.

Dietro la stazione si apriva un campo di fiordalisi di un azzurro così intenso da far invidia al cielo. Non potei far a meno di abbandonare i bagagli sul selciato per spingermi fin dentro quella visione incantata, mi lasciai andare tra i fiori e rimasi lì steso, immobile... con lo sguardo appeso tra le nuvole.

- Il Dott. Mateus immagino... - disse una voce dolcissima - la signora Caterina mi ha incaricata di accompagnarla alla locanda.

Il suo profilo mi apparve in controluce, ma riuscii a cogliere ugualmente i lineamenti del suo viso, gli occhi piccoli dal taglio orientale e le labbra rosse come fragole mature, accostate l'un l'altra a formare un bocciolo al centro della bocca. Ricordo ancora come fosse adesso i suoi capelli scuri, corvini, sciolti sulle spalle e l'espressione di sorpresa nel vedermi sdraiato tra i fiori.

- Sto bene, - la rassicurai - ma non potevo resistere alla tentazione di sdraiarmi nell'erba... è da quando ero bambino che non l'ho fatto più!

- Non si dovrebbe mai crescere al punto di dimenticare l'infanzia, - esclamò, sedendosi al mio fianco - mia madre diceva sempre che si deve restare un po' bambini.

- E con te ha funzionato? Sei rimasta un po' bambina?

.. a volte si, - continuò, legandosi i capelli dietro la nuca con un nastro rosso - nelle notti di luna mi rinchiudo nel mio piccolo mondo di fantasia e immagino di essere un angelo.

- E in quelle senza luna? - domandai, provocando un brusco cambiamento nell'espressione del suo viso.

- Nessuno esce di casa in quelle notti, - si affrettò a spiegare, alzandosi subito in piedi - si raccontano strane leggende sulla presenza di Lilith che passeggia tra le acque del lago.

- Hey... - la chiamai, prima che mi piantasse in asso - chi diavolo è questa Lilith e che tipo di parentela ha con la proprietaria della locanda?

- Lilith fu la prima moglie di Adamo, ma si rifiutò di soggiacere sotto di lui... così, quando venne ripudiata, volò sulle sponde del mar rosso dove si accoppiò con tutti i diavoli dell'inferno dai quali ebbe una prole sterminata.

- Non ho mai sentito parlare di questa storia, eppure conosco bene la bibbia.
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