Abel Wakaam
Dirty Dreams
1° Dirty Dreams, sogni fuori da ogni controllo.
I sogni sono lo specchio dell'anima... i sogni sono liberi, i sogni sono il filo invisibile che ci lega ad una realtà equidistante dove vorremmo ritrovarci da soli per non incorrere nel giudizio degli altri. I sogni sono senza limiti né confini, i sogni sono i peccati mai commessi... quelli a cui ci aggrappiamo disperati quando tutto intorno a noi sembra non avere un senso. Chi di noi non ha mai sognato qualcosa di scabroso o indicibile e poi si è cullato nel desiderio di realizzarlo senza darsi un tempo né una meta? Non è dei nostri sogni che dobbiamo aver paura, ma della voglia di tramutarli in realtà!.

Kronos sapeva bene come stupire i propri ospiti e la musica di sottofondo era il primo spillone acuminato, piantato con stile inebriante nella mente di ognuno di loro. Pareva vibrare sotto l'antico parquet di rovere che ricopriva per intero il pavimento della villa, unica costruzione nel raggio di almeno dieci chilometri.

Sorgeva al centro di un bosco di querce, a qualche centinaio di metri dal fiume, raggiungibile da una strada stretta e malamente asfaltata. Tortuosa sino allo sfinimento, era il modo più veloce per arrivare al Club, anche se quel maledetto ponte di barche aveva già fatto diverse vittime tra le auto sportive che giungevano dalla città.

La stessa disavventura toccò ad una giovane giornalista di NonSoloEros, incastratasi con la sua utilitaria nel punto in cui la passerella mobile si congiungeva con la riva est... e li rimase finché non giunse un contadino della zona che la tolse dall'impaccio col suo trattore arrugginito da vent'anni di lavoro in risaia. 

Quando finalmente arrivò alla villa, fu il padrone di casa in persona ad accoglierla: - Il fiume è in secca, - sembrò quasi scusarsi - e la pendenza delle passerelle mobili diventa pressoché insormontabile per le piccole auto!

- Quindi deduco che i suoi clienti siano tutti muniti di costosissime fuoristrada... chi gliel'ha fatto fare di aprire un Club in questo luogo fuori dal mondo?

- La mia proverbiale testardaggine, - sorrise Kronos - volevo scoprire quante menti eccelse avrebbero lottato contro milioni di zanzare affamate pur di scoprire cosa si nasconde nei meandri dell'immaginario umano.

- Stiamo facendo l'intervista sulle scale di casa, - rispose la donna, trattenendo a stento la miriade di borse e borsine che teneva tra le braccia - è una sua abitudine fare così è un modo per stroncarmi prima ancora delle domande impertinenti?

La musica... quella strana musica che sembrava aleggiare nell'aria col suo sordo battito animale, fu il primo impatto con quella casa dall'ampio salone, racchiuso tra i balconcini sporgenti che guardavano verso il basso dalle camere al piano superiore. Al centro della sala una solitaria poltrona in stile Luigi XVI, posta su una piattaforma girevole affinché chiunque vi fosse seduto potesse mostrare il volto a tutti gli astanti.

- E' lì che si siede per stupire gli ospiti?

- Quello è il posto dei sognatori, prego... si accomodi pure!

- Sono qui per intervistarla e non so neppure il suo nome.

- Tutti mi chiamano Kronos, il resto ha poca importanza. Il suo invece?

- Gioia... tutti mi chiamano Gioia ed è anche il mio vero nome. Io non ho bisogno di nascondermi - sorrise.

- Perché pensa che io debba nascondermi? Dovrei forse vergognarmi per qualcosa?

- Mi parli di questo Club, la notizia della sua apertura ha fatto scalpore.

- Perché la gente ha paura di raccontare i propri sogni, - esclamò Kronos, sedendosi di fronte - lei... se ha coraggio può farlo, è nel posto giusto.

- Sono qui per intervistarla, non per parlare di me.

- Lei è qui per parlare di sogni... se non ne comprende l'importanza non potrà mai scrivere quell'articolo.

- Mi spieghi meglio cosa intende.

- Vengo da una vita di bagordi, - ammise Kronos - una vita dissoluta fatta di stravizi e di rapporti superficiali. Un giorno mi sono svegliato e ho detto basta. Mi sono reso conto di come mi fossero rimasti soltanto i sogni e da qui è nata l'idea di aprire questo Club. Questa è la casa dei sogni, mia cara Gioia... e mi piacerebbe ascoltare i suoi.

- Non ricordo mai quello che sogno, sono troppo impegnata a lavorare, sono troppo nervosa, agitata.

- Lo erano anche molte delle ospiti di questo Club, poi hanno imparato ad aprire la mente. Si sono sedute proprio su quella poltrona e hanno raccontato le loro immaginazioni più sporche.

- A che pro? - domandò Gioia, prendendo appunti.

- Forse per liberarsene... forse per sentire davvero sulla carne i morsi dell'eccitazione. La confessione è un atto sadico e masochistico allo stesso tempo, chi denuda la propria mente davanti agli altri si espone molto di più che spogliandosi dei propri abiti e il risultato è sorprendente.

- Faccio fatica a seguirla. Cioè, capisco il concetto ma mi sfugge il fine ultimo. Mi sta dicendo che la gente viene in questa casa solitaria in mezzo alle risaie e racconta i propri sogni per... eccitarsi e eccitare? E la prima domanda che mi sorge spontanea è perché qui e non in un locale nel centro della città?

- Qualche suo collega ha scritto che ho fatto un vero affare a comperare questa vecchia casa per quattro soldi e che le mie conoscenze negli ambienti della cosiddetta "Milano bene" mi hanno permesso di trascinare i miei amici altolocati sono a qui. La verità è che volevo creare la giusta atmosfera e il percorso che porta qui, tra prati e risaie... con la nebbia d'inverno e il cielo stellato d'estate, servisse a far trovare la giusta concentrazione. Una specie di congiungimento tra due diverse sponde di un grande fiume, come la barca di Caronte che traghetta le anime verso l'inferno.
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