Abel Wakaam
Debacle
1° Debacle, il prezzo della verità.
Fondotinta, un rossetto, un mazzo di chiavi, quattro banconote da 50 Euro, due da venti, una da dieci e una manciata di monetine... confusione insomma, come nella borsetta di tutte le signore, e non trovai niente che potesse servirmi come indizio, nulla che spiegasse quella piccola bugia.
Non era stata a teatro, almeno non quella sera. Probabilmente la trama se l'era fatta spiegare da qualcuno che aveva già visto lo spettacolo, oppure aveva letto una recensione su qualche rivista, no... non era stata a teatro, e se mi aveva mentito, lo aveva fatto per nascondermi qualcosa di importante.
L'agendina era un'accozzaglia di ghirigori incomprensibili, mezzi numeri, mezze parole, mezze frasi, frammenti di tutto che, messi insieme, non coincidevano nel puzzle, lasciandomi a brancolare nel buio. Traffico telefonico regolare, l'estratto conto della carta di credito anche... non c'era un solo dettaglio fuori posto, eppure aveva un segreto. Una donna di trentacinque anni con un segreto è pericolosa come una tigre in mezzo al guado, non sai mai da quale parte ha intenzione di andare, ed è logico supporre che non starà a mollo per sempre.

Per giorni e giorni continuai a ripetermelo sino alla noia: - ...non è andata a teatro. - e non avevo nemmeno il coraggio di chiederle e di chiedermi dove si fosse cacciata quella sera. Una prima risposta arrivò a fine mese insieme alla distinta del telepass. C'era una registrazione che coincideva perfettamente, un'andata e ritorno da un casello che conoscevo bene perché lo percorrevamo insieme tutti i fine settimana per raggiungere il nostro cottage in montagna.
Per quale motivo era andata da sola laggiù, ed era davvero da sola?
Nel frattempo le sue uscite serali si erano moltiplicate e, stupidamente, ero stato proprio io a spingerla a frequentare qualche amica per distoglierla dalla monotonia quotidiana, fatta di corse tra casa e ufficio senza un hobby in cui scaricare la tensione. E così si era fatta una tessera che prevedeva un percorso culturale tra musei e teatri, trascinandosi appresso quell'oca giuliva di Betty, che dopo due settimane aveva dato forfait. Arianna invece non si era persa d'animo e, vincendo la sua proverbiale timidezza, era riuscita a tenersi in contatto con le altre signore del gruppo, specialmente con Bianca... di cui diceva un gran bene. Dunque era probabile che fosse lei l'unica in grado di sapere cosa fosse successo quella fantomatica sera. Cercai di convincerla ad invitare l’amica a cena, ma avvertii immediatamente uno scarso entusiasmo verso la mia proposta.

Nei giorni che seguirono, notai un cambiamento nel suo modo di vestire. Era molto più curata, attenta ai particolari, ed i suoi acquisti alla boutique di Sandro aumentarono di conseguenza. Quasi tutte le scelte cadevano su abiti di taglio elegante, sicuramente adatti alle serate mondane, ma di colpo cominciò ad apprezzare quel tipo di lingerie che avevo sempre cercato di farle indossare, e che invece non sembrava di suo gusto.
Ormai il dubbio si era fatto atroce e quel: - ...non è andata a teatro. - si trasformò ben preso in: - ...mia moglie ha un amante!
Bella, troppo bella perché qualcuno non le si fosse attaccato addosso come una sanguisuga, e lei probabilmente non era riuscita a respingerlo come tutte le mogli di questo mondo che, appena gli fai un sorriso, ti guardano stringendo il manico della borsetta a mo' di bolas argentine. Con Arianna non era così. Bastava un apprezzamento sul suo fisico prorompente, e subito si scioglieva come neve al sole, abbassando ogni difesa. Sapeva di piacere e si piaceva. Lo capivo da come si rimirava allo specchio, sistemandosi il tanga color carne che spariva tra le sue chiappe sode, e quel vestitino di maglina la fasciava come un guanto, eccitante anche per me che conoscevo ogni millimetro della sua pelle. Figuriamoci un estraneo, uno di quei finti intellettuali che frequentano i musei per far colpo sulle mogli degli altri... ed io, stupido, le avevo sciolto le briglia pur di vederla felice.
E se invece fossero soltanto delle supposizioni senza nessun fondamento? Non potevo rischiare di rovinare il nostro rapporto senza uno straccio di prova, non potevo pedinarla col rischio che mi scoprisse e nemmeno aspettare che accadesse l'irreparabile. L'idea mi venne all'improvviso, all'inizio la rifiutai bollandola come la più stupida delle soluzioni, ma in seguito mi lasciai convincere dalla mia innata curiosità e decisi di passare all'attacco. Un tranello, una subdola trappola per verificare cosa avrebbe fatto in mia assenza, mi sarebbe bastato uscire con una scusa e metterla alla prova.

Arianna era seduta sulla solita poltrona, accovacciata nell'angolo del salotto davanti alla televisione. Quel venerdì davano "Orchidea Selvaggia", ed ero certo che non se lo sarebbe persa per niente al mondo. Per ben due volte erano arrivati a trovarci degli amici e non eravamo mai riusciti ad andare oltre il primo tempo, dunque pareva l'occasione giusta per tenerla inchiodata davanti al televisore. - Prima di uscire metto sotto carica la telecamera, - l'avvertii - mi piacerebbe usarla domani per riprendere il torrente in piena, le piogge degli ultimi giorni lo devono aver ingrossato parecchio.
- Purché non mi affibbi l'incarico di controllare qualcosa. - rispose. Era totalmente negata per qualsiasi forma di tecnologia e ciò mi tranquillizzava sul fatto che non mi avrebbe nemmeno chiesto perché l'appoggiavo proprio sul primo scaffale della libreria. Un posto scomodo per la presa di corrente dell'alimentatore, ma perfetto per inquadrare il salotto nella sua completezza. Inserii la registrazione, la baciai come farebbe ogni buon marito in procinto di uscire, e me ne andai al bar per un paio d'ore.

Avevo il cuore che batteva a mille mentre percorrevo la via del ritorno, non so perché mi arrestai in mezzo alla via, afferrai il cellulare... digitai il numero di casa ed attesi che rispondesse. Avevo bisogno di ascoltare la sua voce, avevo il sacro terrore che non ci fosse... oppure che qualcun altro fosse seduto al posto mio. Rispose con quel suo fare tranquillo, disse due volte "pronto" e riappese. Non era sola... non era sola! Avevo sentito chiaramente una seconda voce che chiedeva chi fosse. Mi affrettai a raggiungere la porta di casa, entrai trafelato e la trovai in compagnia di un'amica.
- Ti presento Bianca, - sorrise - era destino che prima o poi vi conosceste... stasera è stato un susseguirsi di telefonate mute... ho avuto paura e l'ho invitata qui.
Le strinsi la mano cercando di rallentare il respiro che si era fatto affannoso, lei mi guardò dritto negli occhi, quasi in segno di sfida, si congratulò con me per la bella casa, la bella musica, la bella moglie, e tornò a sedersi accanto ad Arianna, sfiorandole il braccio in uno strano segno d'intesa.
Controllai che la telecamera fosse al suo posto. La cassetta era arrivata alla fine già da un pezzo, la recuperai senza che se accorgessero e, con aria disinvolta, mi accomodai di fronte a loro. La nostra ospite aveva l'aria di chi sa tutto prima ancora che si apra bocca. Intelligente, interessante, un po' troppo femminista per i miei gusti, ma quell'ultimo bottone slacciato della camicia mi incuriosiva più della sua parlata sciolta. Insegnante di storia antica all'Università, presidentessa del club "Amici dell'arte", ma interessata alla psicologia della coppia, di cui si dichiarò una folle estimatrice.
- Mi piacciono i cervelli, - sottolineò - o meglio... quel mix di fantasia, creatività ed istinto che combattono ogni giorno contro la stretta logica della ragione. Sono convinta che ci dibattiamo per gran parte della giornata senza il coraggio di seguire i nostri stimoli sensoriali, sfruttiamo meno dell'uno per certo delle nostre capacità e nemmeno ce ne rendiamo conto.
- Mi faccia un esempio, - la affrontai - io sono un freddo calcolatore senz'anima e non riesco a comprendere quello che non tocco... non lecco e non annuso. Per certi versi sono rimasto all'età della pietra, pur vivendo in un mondo tecnologico di cui io stesso sono complice ed artefice.
- Si, Arianna mi ha accennato del suo lavoro, la domotica sta per entrare in tutte le case per trasformare il nostro modo di interagire con gli oggetti, ma pensi come sarebbe bello poterlo fare senza usare le dita.
- Lo si può già fare con la voce... o con la sola presenza. I sensori captano la nostra scia infrarossa e accendono la luce, regolano di conseguenza il riscaldamento... o il condizionamento.
- Intendevo il pensiero, - reagì Bianca - a cosa sta pensando esattamente adesso?
- Al motivo per cui noi due continuiamo a darci del lei, quando invece con Arianna il vostro rapporto è meno formale.
- Questo è un problema che possiamo superare in fretta. A cosa stai pensando ora?
Stavo cercando di immaginare di cosa avessero parlato in mia assenza. La cassetta era di là, appoggiata sulla mensola della cucina, mi sarebbe bastato allontanarmi con una scusa, salire in camera ed infilarla nel lettore. Mi intrigava l'idea di scoprire chissà quale segreto sentendolo raccontare dalla loro viva voce... una confidenza, una confessione, una risposta alle mille domande che mi fibrillavano nella testa.
- Tempo scaduto, - sentenziò, rivolgendosi ad Arianna - a tuo marito non piace giocare.
Sofisticata, intransigente... ma quel bottone slacciato strideva con la sua immagine volutamente austera. Si accorse del mio sbirciare nella scollatura e si chinò più volte verso il tavolino per agevolarmi nell'impresa. Le forme tonde del suo seno erano costrette dentro il reggiseno a balconcino, un tocco di civetteria sotto l'abito dal taglio classico, più adatto ad una conferenza che alla visita in casa di un'amica.
Arianna pendeva dalla sue labbra. L'ascoltava in religioso silenzio e spesso mi zittiva se provavo ad interromperla, manifestando persino un certo nervosismo per la mia insistenza. Fu in quel momento che compresi quanto fosse abbagliata dalla sua personalità. L'avrebbe seguita anche in capo al mondo, obbedendo come una collegiale agli insegnamenti del suo professore di filosofia, e Bianca sapeva di possedere la dote innata della trascinatrice, per cui era ovvio che ne approfittasse.
- E tuo marito di cosa si occupa? - le domandai, cogliendo l'attimo in cui prese fiato sorseggiando l'ennesima tazza di caffè.
- Elio dipinge, - rispose di botto - in Spagna è un pittore affermato... qui da noi, invece, la sua arte non è capita a fondo. Non che sia un genio, ma i suoi nudi sono sensuali e coinvolgenti... lasciano trasparire una pulsione imminente... come un pagliaio che sta per prendere fuoco e lo si capisce guardando l'espressione della modella.
Nel rispondere aveva fatto tre pause, come se non avesse pronta la risposta, come se avesse dovuto cercare le parole adatte per comporre la frase. Avevo dunque trovato il suo punto debole? Qual era il suo rapporto conflittuale col marito? Chi dei due emergeva dallo scontro? E scontro doveva per forza essere, considerato il suo carattere autoritario, poco incline ad essere addomesticato.
Si accomiatò quando ormai era notte inoltrata. Chiamò il taxi dal suo cellulare rifiutando la mia offerta di un passaggio, peraltro poco convincente, e ci salutò sulla soglia di casa con quel suo fare suadente. Per me una stretta di mano, un bacio ed un abbraccio per Arianna che si dimostrò molto più affabile di quanto l'avessi mai vista. Attraversò il vialetto del giardino sgambettando sui tacchi e raggiunse di corsa l'autista che l'attendeva con la portiera aperta.
- E' tutto ciò che vorrei essere io...
- Ancora non mi è chiaro quanto sia davvero così e quanto invece si stia atteggiando, - fu il mio laconico commento - c'è qualcosa che mi sfugge nella sua personalità... è troppo complessa, troppo contorta.
- E' una donna che sa il fatto suo, - commentò Arianna, seguendo con lo sguardo il taxi che spariva all'angolo della via - e fa di tutto per ottenerlo!

Quella sera non riuscii a visionare la cassetta. Per tutta la notte cercai di immaginare quello che vi avrei trovato e la curiosità mi impedì di prendere sonno. Mi alzai all'alba, infilai il nastro nella telecamera e scorsi velocemente le immagini fino al momento in cui Bianca comparve nell'inquadratura. Purtroppo la ripresa del salotto restò a lungo vuota e le voci che provenivano dalla cucina era confuse con l'audio della televisione. Quando finalmente presero posto sul divano, appoggiando il vassoio con la caffettiera sul tavolino, non restavano che pochi minuti utili di registrazione.
Chiacchieravano di qualcosa che era già accaduto. Ne parlavano come di un'esperienza da non dimenticare, ma ogni riferimento era vago, astratto, e poteva trattarsi di un evento a teatro come del peggiore dei tradimenti. Sul più bello finì, lasciandomi come un allocco a fissare lo schermo nero, nella speranza che il buio mi restituisse il segreto che custodiva.
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